sabato 8 marzo 2008

Intervista a Guglielmo Bozzolini, candidato SinistraArcobaleno alla Camera in Europa


di Chiara Marcon

43 anni, originario di Pavia, doppio cittadino, sposato con una giornalista di origini calabresi e padre di una figlia di 15 anni, Guglielmo Bozzolini vive a Zurigo dal 1988. Attualmente lavora come direttore della Fondazione ECAP, un ente di formazione degli adulti, attivo nella lotta contro l‘analfabetismo, nei programmi per il sostegno dell‘integrazione professionale dei/delle migranti, per le pari opportunità e il reinserimento delle persone senza lavoro. Collabora inoltre con progetti di formazione e di ricerca in tutta Europa (Spagna, Portogallo, Germania, Francia ed Inghilterra in particolare).
Membro del Coordinamento Europeo del PRC, Guglielmo è da anni impegnato nel sindacato Active Image(è membro del Comitato Centrale di Unia, la più grande organizzazione sindacale svizzera, come rappresentante delle e dei immigrate/i) e nell‘associazionismo, in particolare nella FCLIS.

I suoi passatempi preferiti sono la montagna e i viaggi, la lettura (i romanzi sudamericani e i noir italiani), la buona cucina il buon vino e il mare della Calabria. La sua candidatura è stata proposta dalla Federazione Svizzera del PRC

Intervista:
1. Come mai hai deciso di candidarti? e perchè proprio per la sinistra arcobaleno?

Ho deciso di candidarmi innanzitutto perché me lo hanno chiesto i compagni e le compagne dei Circoli PRC in Svizzera. In queste elezioni c’è infatti un rischio: che la competizione tra PD e PdL risucchi tutta l’attenzione e non vengano rappresentate le ragioni della sinistra. C’è cioè il rischio che sia ridotta in parlamento la voce del mondo del lavoro e dei movimenti ambientalisti e pacifisti e che ci sia complessivamente una regressione moderata ed uno spostamento a destra dell’asse politico. Tra gli italiani all’estero, una volta si sarebbe detto “in emigrazione”, questo pericolo è ancor più forte e contro questa prospettiva vale la pena impegnarsi e dare il proprio contributo, anche candidandosi, affinché si rafforzi una politica che metta al proprio centro il lavoro e i diritti delle persone. La Sinistra Arcobaleno, a cui danno vita forze della sinistra alternativa, socialista e ambientalista, è la collocazione ideale per una persona come me, che ha sempre associato alla militanza politica l’impegno sociale, dalle esperienze dell’ECAP, delle Colonie Libere e del sindacato Unia fino al movimento no-global e ai Forum Sociali.


2. Perchè, secondo te, non avete stretto un'alleanza con il PD, e preferite "correre da soli"?

La domanda è mal posta. Non è vero che preferiamo correre da soli. Le decisioni sono condizionate dalla legge elettorale e dalle scelte politiche del gruppo dirigente del PD. Anche la caduta del governo Prodi, tecnicamente determinata da Mastella e dall’Udeur, è in buona parte dovuta alle tattiche di Veltroni, basti pensare all’effetto dirompente delle avuto dalla dichiarazione, rilasciate alcuni giorni prima della crisi, che comunque si sarebbero presentati da soli alle elezioni. Come se questo non bastasse, il PD ha scelto di rompere con la sinistra, che pure lealmente aveva sempre sostenuto il governo, nonostante la delusione rispetto alla sua azione, e di legarsi mani e piedi con l’Italia dei Valori, che invece aveva sempre costituito un fattore di instabilità. Tutto questo è una delle manifestazioni più evidenti dell’orientamento moderato, per certi versi conservatore, di questo partito. Hanno scelto di candidare un generale e il capo dei falchi di Confindustria, colui che ha rappresentato le posizioni più dure tra i padroni contro i sindacati metalmeccanici. E’ chiaro che con questi noi non abbiamo nulla a che spartire. Rappresentiamo altre idee e altre persone.

3. L'antipolitica e la sfiducia dei cittadini verso la classe politica definita "la casta", comprometterà l'esito di queste elezioni?


Mi auguro di no. Mi auguro che alla fine prevalga comunque la voglia di impegnarsi e di battersi e di prendere parte attivamente, come è già successo altre volte nella storia d’Italia. Certo è che ci troviamo confrontati non solo con una crisi della politica ma con un degrado morale del paese senza precedenti, forse peggiore anche di quello di tangentopoli. Basti pensare a personaggi come Mastella e Cuffaro o a situazione come quelle della Calabria e della Campania, ai concorsi truccati nelle università, ai primari nominati per tessera anziché per competenza, alla mostruosa evasione fiscale, ai politici che si immischiano nelle scalate bancarie, ecc. Sono cresciuto alla politica da ragazzo, nel periodo dell’ultimo Berlinguer, penso che si debba assolutamente recuperare il suo concetto di “questione morale” e fare una grande battaglia per il risanamento morale del paese. Rispetto a questo obiettivo non servono ne l’antipolitica, ne il grillismo, ne Di Pietro (che l’altra volta ha messo nelle sue liste un personaggio come De Gregorio). Serve l’impegno attivo per dare all’Italia un’ alternativa.

4. Quali sono i tuoi valori personali, che porti al tuo modo di far politica?


Sinceramente penso che il mio sistema di valori, oltre che dalle scelte politiche o ideali, sia fortemente influenzato da alcune esperienze di contatto umano che ho fatto. Negli anni dell’Università ho conosciuto gli operai e le operaie del Consiglio di Fabbrica della Necchi di Pavia, la mia città, e ho imparato ad ammirare la loro capacità di non farsi sottomettere, di non sentire alcun imbarazzo nei confronti di nessuno. In buona parte la mia militanza sindacale in Svizzera deriva dal fatto di aver ritrovato alcuni operai di quel tipo, penso ad esempio a Giovanni Giarrana, che siede con me nel Comitato Centrale di Unia e non ha timori reverenziali nei confronti di nessuno. Poi assolutamente determinante è stata l’esperienza, che dura ormai da vent’anni dell’ECAP, dell’incontro quotidiano con i problemi di migliaia di immigrati e immigrate. Ogni anno sono più di venticinque mila. Da questo contatto e dalla mia personale esperienza di emigrazione derivano il valore della tolleranza, del rispetto per gli altri così come essi sono, della solidarietà, della fratellanza e dell’assoluto rifiuto di ogni forma di razzismo. Grazie all’ECAP ho conosciuto anche intellettuali come Ettore Gelpi, da cui spero di aver appreso la capacità di ascoltare e di dialogare con tutti, sempre.



5. E' davvero possibile arrivare al potere, e rimanere "puliti"?

Assolutamente si! E’ poi chiaro che la dimensione etica e morale dell’agire politico non possono dipendere solo dalla coscienza individuale ma devono essere legate alla capacità che i partiti hanno di svolgere una funzione di controllo democratico. Le organizzazioni politiche (non penso certo a Forza Italia, ma neanche ad un partito leggero e “americano” come il PD), hanno o almeno dovrebbero avere una funzione fondamentale di fornire ai cittadini e alle cittadini strumenti per esercitare il controllo sulle persone che eleggono e per orientarne le scelte. In questo modo dovrebbe essere possibile anche contenere il rischio che singoli comportamenti “deviati” diventino malcostume generalizzato. Non a caso i gravi fenomeni di corruzione e degrado morale esplodono sempre in fasi di crisi del funzionamento dei partiti: gli anni ottanta e novanta ad esempio.

6. Quali sono i punti chiave del vostro programma?

Per quanto riguarda i temi di politica generale ho già detto altrove.

Sul terreno specifico degli italiani all’estero penso che le priorità siano: la riforma ed il rilancio delle strutture di rappresentanza (COMITES e CGIE), la riorganizzazione dei corsi di Lingua e Cultura con la riforma della Legge 153, il rafforzamento della rete di strutture assistenziali e di tutela che vanno adeguate ai nuovi bisogni, la riorganizzazione della rete consolare all’insegna dell’efficienza e del miglioramento del servizio e non dello smantellamento della stessa.

In generale è necessario riadeguare tutta la politica degli italiani in Europa alle mutate caratteristiche degli stessi:

a) la presenza italiana si è sempre più allargata a paesi (Spagna, Grecia, i paesi dell’ex est) dove prima era sconosciuta o molto ridotta;

b) ci sono nuovi flussi migratori dall’Italia verso l’estero molto consistenti di cui non si tiene mai conto - giovani ricercatori e ricercatrici, piccoli imprenditori, dirigenti, nuovi flussi di manodopera poco qualificata (in Germania ad esempio), lavoratori e lavoratrici temporanei, ecc. – che presentano caratteristiche e bisogni propri,

c) le nostre comunità invecchiano perché sempre meno persone rientrano in patria dopo il pensionamento e quindi c’è bisogno di strutture, servizi e organizzazioni sociali e associative che si occupino di loro,

d) in molti paesi l’emigrazione italiana presenta una sedimentazione storica che è arrivata alla terze e quarta generazione e diverse esperienze di integrazione nelle realtà locali.

L’impegno principale è quindi quello di rappresentare gli italiani all’estero per come sono nella realtà, senza inutile retorica e vecchie mitologie.



7. Gli italiani all'estero, che cosa chiedono ai propri rappresentanti?


Secondo me bisogna sfatare un mito: gli italiani all’estero non chiedono cose speciali ai propri rappresentanti, non vogliono essere una lobby. Vogliono poter influire sull’orientamento politico generale del paese e chiedono ai loro rappresentanti di garantire questo ruolo. Ovviamente poi hanno anche problemi e esigenze specifiche, ma anche su questo terreno mi pare che la richiesta sia di essere rappresentati per come sono realmente, senza mitologie alla Tremaglia o schemi antiquati.

8. Tanti italiani, qui in Svizzera, hanno un evidente senso di distacco dall'Italia e dalle sue istituzioni, ma continuano a chiedere finanziamenti al Mae per qualsiasi tipo di attività, come mai ci si sente italiani, solo al momento di richiesta di diritti e di fondi?


Non mi pare che l’unico momento in cui le persone si sentano italiane sia quello in cui chiedono fondi. Innanzitutto bisognerebbe domandarsi cosa vuol dire sentirsi italiani e ognuno di noi darebbe una risposta diversa. Mia figlia di quindici anni ti direbbe che sentirsi italiani vuol dire tifare per la nazionale, mangiare mediterraneo, fare le ferie in Italia e guardare i film con Scamarcio e Vaporidis. Per me sentirsi italiano vuol dire innanzitutto condividere un bagaglio culturale comune.

Per quanto riguarda i fondi, non è che lo stato italiano investa molto in Svizzera. E’ vero che negli ultimi anni si è fatta sempre più largo in alcune associazioni e negli organismi di rappresentanza una “classe politica” che non sa guardare oltre il proprio naso ed occuparsi di problemi che non siano piccole beghe nei rapporti con i Consolati. Nello stesso tempo però un’italiana sta per diventare Presidente del Consiglio Comunale di Zurigo, altre sono dirigenti sindacali, altri e altre ancora sono Consiglieri Nazionali e continuano tutti ad avere rapporti con l’Italia e sentirsi italiani.

9. Realmente la comunità italiana di che cosa ha bisogno in Svizzera?

Ci sono due tipi di bisogni uno è il riconoscimento dei diritti politici ovvero del diritto di voto locale, l’altro è il sostegno all’integrazione sociale. L’elevata ricchezza media della Svizzera ci porta spesso a non considerare che non tutti hanno le stesse situazioni di vita. A fianco degli imprenditori di successo, dei giovani docenti universitari, degli sportivi, ecc., la comunità italiana presenta anche altre realtà: il tasso di disoccupazione tra i nostri connazionali è più che doppio rispetto agli svizzeri e in questo momento più alto che in Italia, che buona parte della prima generazione continua a non parlare la lingua locale e non ha accesso alla formazione continua, che l’insuccesso scolastico delle seconde e terze generazioni è tornato a peggiorare e che il fenomeno dei Working poor (ovvero di chi pur lavorando non ha un reddito sufficiente per vivere) colpisce il 10% dell’immigrazione dal Sud Europa, italiani compresi.


10. Chi vincerà le prossime elezioni in Italia?

Mi auguro che ci sia un forte risultato della Sinistra Arcobaleno che permetta di rappresentare degnamente la Sinistra in parlamento e di fermare la deriva a destra del paese, anche nella sua forma più subdola: le grandi intese.

11. Qual'è il tuo candidato favorito nelle elezioni americane?

Penso che sul piano pratico uno valga l’altra. Sceglierei però Obama perché uno dei miei ricordi televisivi più belli è una cronaca di una campagna elettorale di Jessie Jackson negli anni ottanta: in una chiesa protestante ad un certo punto la folla ha cominciato ad incitarlo urlando “Run Jessie, run”, l’urlo con cui veniva incitata la corsa degli schiavi che tentavano di scappare. Penso che l’elezione di un presidente afro americano avrebbe un significato importante contro la discriminazione razziale. Lo stesso potrebbe certo valere per Hillary Clinton, rispetto alle discriminazioni di sesso, ma mi pare che lei abbia scelto di non profilarsi su questo terreno.

12. Se dovessi essere eletto, quale cosa farai per prima?

Te ne posso dire più di una: presenterei una proposta per concedere il diritto di voto agli e alle immigrati/e in Italia e mi batterei per l’abolizione della Bossi-Fini e la regolarizzazione immediata degli immigrati senza regolare permesso di soggiorno. Cercherei quindi di realizzare le stesse cose che propongo da quindici anni per gli immigrati in Svizzera. Poi proporrei anche una legge a tutela delle vittime dell’amianto, tra cui ci sono molti italiani che hanno lavorato in Svizzera.
(fonte: www.ilgiornale.ch)

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